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Appunti
di tecnica fotografica |
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(11) Fotografia digitale Proprio come farebbe una macchina fotografica tradizionale, la macchina digitale registra un’immagine, che attraverso un sistema ottico e un otturatore, che controlla il tempo di esposizione, raggiunge un dispositivo sensibile alla luce. Solo che, in questo caso, il piano focale non è costituito da emulsione ai sali d’argento, ma da un particolare sistema elettronico. |
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Il
CCD (Charge
Coupled Device, dispositivo ad accoppiamento
di carica) costituisce il primo
tipo di sensore ottico utilizzato nelle fotocamere. Il sensore, campiona la luce e la converte in segnali elettrici che adeguatamente amplificati da un circuito elettronico vengono convertiti in formato digitale, elaborati da un computer e immagazzinati su un supporto di memoria. Attualmente anche le riprese astronomiche vengono effettuate quasi esclusivamente con speciali sensori, e i risultati sono straordinari, come dimostrano le eccezionali immagini riprese dai telescopi spaziali. |
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Ingrandendo
notevolmente un’immagine digitale, ci
si può rendere conto di come questa
sia in realtà composta da un reticolo
di pixel, cioè di quadratini, che le
conferiscono un aspetto simile a quello di
un mosaico. Come per un mosaico ogni tessera ha un certo colore e una certa luminosità, anche ogni singolo pixel (quadratino) di una foto digitale ha una tinta specifica e una determinata intensità luminosa. |
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Ma
essendo, le immagini, composte da milioni
di punti, guardando la stampa o guardando
la stessa foto ad ingrandimento normale su
un monitor di computer, non si noteranno i
singoli pixel che anzi sembreranno fondersi
per creare un insieme continuo di luci e colori,
proprio come in una tradizionale stampa fotografica
o diapositiva proiettata su schermo.
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I
sensori della maggior parte delle fotocamere
digitali seguono lo schema del reticolo a
celle quadrate e perpendicolari, ad eccezione
alcuni, (super CCD SR) della Fuji che
hanno due elementi sensibili per ogni pixel
dell'immagine, di forma ottagonale e posti
in diagonale, con una disposizione simile
a quella delle celle negli alveari. Con
questa particolare disposizione sembra possibile
ottenere risultati qualitativamente migliori
dal punto di vista sensibilita' alla
luce , anche
se poi in
fase
di
elaborazione digitale i calcoli necessari
per riportare il tutto ad un sistema ortogonale
inseriscono alcune perdite di qualità
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I
sensori ottici sono costruiti con diverse
tecnologie: “CCD”, che forniscono in uscita un segnale analogico, che deve essere amplificato e convertito in formato digitale singolarmente per ogni pixel da un circuito elettronico esterno al sensore. Per questo i sistemi basati su CCD sono piu' lenti di quelli che utilizzano CMOS, “CMOS” che forniscono un segnale direttamente in forma digitale, dal momento che al loro interno incorporano un convertitore analogico/digitale per ogni pixel, risultano più economici alla produzione, non soffrono del problema del rumore termico, ma hanno difetti dovuti alla uniformita' dei dati forniti, perche' non e' possibile costruire tanti convertitori digitali tutti perfettamente uguali. Inoltre, questo tipo di sensore ha una certa tendenza a trattenere le ombre relative a riprese precedenti, e richiede che i costruttori adottino strategie per ottenere una sorta di cancellazione elettronica del sensore fra la ripresa di un'immagine e l'altra. |
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“FOVEON”
utilizzato dalla “Sigma”, sempre
di tipo CMOS, ma con un sistema di acquisizione
dell'immagine basato su diversi strati sovrapposti,
piu' simile alla pellicola fotografica e totalmente
diverso dai sistemi basati su maschere filtranti
colorate. Questa tecnologia permette di acquisire per ogni pixel, tutte e tre le componenti colore, senza ricorrere a complicati algoritmi di demosaicizzazione, ed inoltre, non avendo un filtro infrarosso integrato, e' possibile asportarlo per effettuare riprese all'infrarosso. |
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Matrice
Bayer
Foveon |
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Esistono
termini di valutazione del numero di dettagli
che è possibile catturare in una
ripresa digitale. |
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Il
confronto non si può fermare naturalmente
alla sola quantita' di pixel catturati dal
sensore, ma deve estendersi anche ad altri
parametri. Osservado il diagramma a lato, si puo' notare come un sensore digitale sia più lineare nella risposta alla luce. Esso non soffre del difetto di reciprocità tipico delle pellicole fotografiche. Possiede un intervallo di utilizzo dove il rapporto fra sensibilità minima e saturazione è di 1:500.000, rapporto che nella pellicola è appena di 1:500, quindi capace di restituirci una quantita' di toni di grigio elevatissima rispetto ad una pellicola fotografica. Un’immagine su pellicola tradizionale (24X36mm), in funzione della sensibilita' alla luce per cui e' prodotta, può contare su una definizione di circa 20/30 milioni di punti, cosa che i sensori più evoluti, e utilizzati in fotocamere reflex di alto livello hanno ormai raggiunto. Sarebbe quindi logico pensare che la fotografia digitale si trovi ad avere un grosso vantaggio rispetto alla fotografia tradizionale, soprattutto per quel che riguarda le riprese in condizioni difficili di luce. Come vedremo in seguito la realtà delle cose non è esattamente questa e dovremo tenere conto di una certa quantità di altri fenomeni più o meno influenti sulla qualità finale delle immagini prodotte. |
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A
parte i sensori di tipo FOVEON che hanno tre
strati direttamente sensibili ai colori Rosso,Verde,
Blu, gli altri sensori non sono in grado di
catturare le tre componenti cromatiche per
ogni pixel dell'immagine, ma si limitano a
campionare la quantità di luce presente
nei vari punti dell’immagine inquadrata.
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Tralasciando
i sistemi lenti, come i multiscansione, i
più complessi e costosi sistemi a sensori
multipli, prenderemo per
ora in esame quello più utilizzato
nelle fotocamere commerciali, sia di tipo
compatto, che reflex con ottiche intercambiabili.
A livello costruttivo viene applicato, ad ogni singola cella del sensore, un filtro colorato che la rende sensibile esclusivamente a uno dei tre colori primari (rosso, verde, blu), questo insieme di filtri prende il nome di matrice filtro colore (color filter array o maschera Bayer). Da notare che nella matrice, le celle filtrate in verde sono il doppio di quelle blu o di quelle rosse, questo per avvicinare la visione cromatica del sensore a quella tipica dell’occhio umano che è molto più sensibile al verde che agli altri colori. |
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Il sistema di colori primari RGB (rosso,
verde, blu), è il più utilizzato,
anche se alcune aziende, utilzzano il tipo
di filtratura CYGM (ciano, giallo, verde,
magenta). Indipendentemente dal filtro
utilizzato, ciò che il sensore vede
in realtà, sono una serie di immagini
parziali e monocromatiche che se venissero
semplicemente combinate, darebbero un risultanto
visivo ben diverso dalla realtà. |
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Per
realizzare un’immagine a colori corretta,
viene utilizzato un sistema di interpolazione
matematica molto sofisticato. Per fare un
esempio molto semplice diciamo che se al
computer della macchina viene trasmesso
un punto (pixel) di colore rosso
brillante che alla sua destra ha un punto
blu brillante e sopra e sotto di essi vi
sono punti di colore verde brillante, ci
verrà sicuramente restituito un punto
bianco perché questa è l’ipotesi
più probabile. |
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Altro
parametro determinante è il rapporto
fra il numero di pixel e la dimensione del
sensore elettronico. A parità di numero
di pixel, è senz’altro preferibile
l’apparecchitura col sensore di dimensioni
maggiori, perché ad esso corrispondono
celle singolarmente più grandi, con
maggiore sensibilita', maggiore dinamica,
minore necessità di amplificazione
del segnale emesso e quindi minore introduzione
di disturbi di vario genere. |
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Maggiore
dimensione significa anche maggiore capienza
e quindi, si riduce il rischio di saturazione
nel
caso che un elemento venga colpito da un alto
valore di lunimosità. Esiste inoltre minore possibilità di influenza parassita fra celle adiacenti. |
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