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Appunti
di tecnica fotografica |
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Formati Il formato della pellicola si riferisce alla forma e all’area di ogni fotogramma. La qualità dell’immagine positiva è molto condizionata dal rapporto proporzionale fra il fotogramma negativo e la dimensione dell’immagine stampata. Maggiore è l’ingrandimento e peggiore sarà la qualità dell’immagine stampata. |
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Pellicola
110 (13 X 17 mm) |
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La pellicola è montata in un particolare caricatore di plastica, questo facilita le operazioni di caricamento della fotocamera. | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Pellicola
126 (28 X 28 mm) |
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Anche
questa contenuta in uno speciale caricatore.
Questi due formati di pellicola vengono utilizzati per macchine dal funzionamento elementare e di vecchia costruzione. |
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Pellicola
135 (24 X 36 mm) |
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Detta
anche formato Leica, ha una perforazione su
entrambe i margini per un più preciso
scorrimento ed è la pellicola di piccolo
formato più diffusa e utilizzata. |
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APS
(advanced photo system) |
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Lanciato
sul mercato nel 1996, ha un formato 16,7 X
30,2) e presenta numerose innovazioni. La
più evidente è il materiale
di supporto, non più il classico triacetato
di cellulosa ma un più moderno polietilene,
che unisce ad una superiore flessibilità
e robustezza meccanica, una maggiore trasparenza.
Questo formato nonostante le innovazioni tecnologiche,
invece di sostituire la pellicola 35mm, in
realtà e' andato rapidamente in disuso,
spinto dall’avvento del digitale che
tecnologicamente ha già raggiunto e
superato la definizione di una pellicola in
formato APS. |
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Pellicola 120 e 220 (4,5 X 6 cm – 6 X 6 cm - 6 X 7 cm – 6 X 9 cm – 6 X 12 cm) | ![]() |
Essenzialmente
un rotolo di pellicola alta 6 centimetri che
cambia la larghezza del formato a seconda
dell’apparecchio fotografico utilizzato,
detta anche medio formato. Il formato 220
contiene il doppio di pellicola del 120. |
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Pellicole
piane (12.7 X 10,2 cm o superiore) |
Dette
anche grande formato. Con ogni foglio si esegue
una sola esposizione e per essere utilizzata
deve essere montata su degli appositi telai.
Vengono generalmente utilizzate nei banchi
ottici e folding, permettono di ottenere stampe
di altissima qualità e grandi dimensioni. |
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Sensibilità La sensibilità è la capacità della pellicola o di qualsiasi altro supporto, di reagire più o meno velocemente alla luce che ne colpisce la superficie. Per quanto riguarda la pellicola è data dalla dimensione, dalla forma dei grani e dalla composizione dei sali d’argento utilizzati. Più i cristalli sono grandi, più la pellicola è sensibile alla luce e meno definita è l’immagine. Per i sensori delle fotocamere digitali, il discorso è leggermente più complesso e verrà affrontato nel contesto della fotografia digitale. |
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La
sensibilità di una pellicola viene
espressa in “ ISO” (International
Standard Organization) che ha integrato e
sostituito un certo numero di scale precedenti
( ASA, DIN, SCHEINER, APEX). I valori ISO raddoppiano o dimezzano di pari passo con la sensibilità alla luce (es. una pellicola da 200 ISO ha sensibilità doppia rispetto ad una 100 ISO e metà sensibilità di una 400) in questo modo diventa molto semplice scegliere una pellicola in base alle prorie esigenze. |
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Granulosità,
è la sensazione provata da chi osserva
la foto, valutando l’aspetto granuloso
dell’immagine, dovuto alla distribuzione
irregolare dei cristalli e quindi una misurazione
soggettiva. Granularità, è invece la misurazione della grana effettuata in laboratorio utilizzando un microdensimetro e quindi una misurazione oggettiva. T-Grain, (cristalli piatti) sono un particolare tipo di cristalli, che a parità di sensibilità alla luce garantiscono una maggiore definizione dell’immagine. |
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Nitidezza, definizione con la quale si identifica la capacità della pellicola di riprodurre un elevato numero di dettagli (per semplificare al massimo il concetto si può pensare ad un’immagine sfuocata raffrontata con una a perfettamente a fuoco). La nitidezza di una foto è un aspetto molto importante che può essere raggiunto sfruttando al meglio le qualità di una pellicola, giusto tempo di esposizione, giusta impostazione diaframma, giusta impugnatura dell’apparecchio fotografico o uso di un cavalletto, e ottiche di alta qualità. |
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La
sensibilità della pellicola deve essere
comunicata alla fotocamera e questo può
avvenire:
1. Manualmente,
Regolando l’ apposito comando al valore
stampato sulla confezione. 2. Automaticamente, nelle macchine provviste di lettura del codice DX. |
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Il codice DX è formato da due file di rettangoli neri e argentati, ordinati secondo una determinata sequenza. I contatti della macchina fotografica individuano i rettangoli argentati che sono conduttori, rispetto a quelli neri che sono isolati elettricamente, e inviano la relativa sequenza ai circuiti logici che sovrintendono all’esposizione. La fila più vicina alla fessura da dove esce la pellicola comunica all’esposimetro la sensibilità, mentre l’altra fila indica la lunghezza della pellicola (numero di fotogrammi) e ulteriori informazioni per il laboratorio. |
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Espressa
in diaframmi, si intende la capacità
più o meno ampia della pellicola, di
sopportare errori di esposizione continuando
a fornire risultati accettabili. Questa tolleranza
è diversa per ogni tipo di pellicola
(colore, Bianco/nero, diapositive).
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In presenza di scarsa o troppa illuminazione, ci si troverebbe nella necessità di utilizzare una pellicola più o meno sensibile di quella che si ha a disposizione, niente paura!, si imposta la macchina fotografica come se al suo interno fosse presente una pellicola con la necessaria sensibilita', si scattano le foto, tutte le foto del rullino senza cambiare impostazioni, e soprattutto quando si porta il rullino al |
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laboratorio
di sviluppo non si deve dimenticare di dire
a quanti ISO si è impostata la macchina
fotografica.
Per quanto riguarda le informazioni trasmesse dal codice DX possono essere quasi sempre modificate agendo sui comandi della macchina fotografica, e comunque anche in presenza di apparecchi fotografici in cui non è possibile eseguire queste modifiche, si può risolvere il problema, grattando via i rettangoli neri, in modo da ricreare il codice DX desiderato, utilizzando una semplice lametta e tabelle come queste. Con un poco di moderazione si ottengono sempre risultati più che accettabili. |
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Le pellicole andrebbero conservate in luogo fresco e asciutto, utilizzate entro il termine di scadenza stampato sulla confezione e sviluppate entro breve termine dopo essere state esposte. Il frigorifero di casa va benissimo, basta avere l’accortezza di toglierle almeno dieci, quindici minuti prima di utilizzarle. Una volta messe nella borsa per essere utilizzate sarebbe bene, soprattutto nei viaggi, avere uno scomparto apposito dove mettere alcune bustine di sali igroscopici per proteggerle dall’umidità e se si viaggia in aereo, utilizzare apposite buste rivestite al piombo per evitare problemi con le varie apparecchiature di controllo bagagli a raggi X. |
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Se
Niepce e Daguerre vengono considerati, tecnicamente,
i padri della fotografia tradizionale, Willard
Boyle e George Smith, dei laboratori Bell
possono rappresentare lo stesso per la quella
digitale. Durante le ricerche su un nuovo
tipo di memoria per computer, nell’ottobre
del 1969 i due ricercatori posero le basi
per un nuovo sensore opto-elettronico denominato
dispositivo ad accoppiamento di carica (in
inglese Charge Coupled Device). L’anno
seguente con la costruzione della prima videocamera
con sensore allo stato solido ebbe inizio
l’era del CCD. |
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Nelle
fotocamere digitali, a differenza dal metodo
fotografico tradizionale, si utilizzano questi
particolari dispositivi elettronici in sostituzione
della pellicola ad emulsione. Questi sensori
di forma quadrata o rettangolare e di dimensioni
che superano due centimetri di lato solo negli
apparecchi fotografici professionali, sono
formati da milioni di microscopici componenti
sensibili alla luce. Durante la ripresa, ogni
micro-cella del sensore genera una quantità
di energia proporzionale alla quantità
di luce che la colpisce. |
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Successivamente,
l’energia generata da ogni singolo componente
del sensore viene convertita in formato numerico
ed elaborata da un computer che la trasforma
in un’immagine da immagazzinare in un
dispositivo di memoria di tipo digitale. (Informazioni piu' dettagliate sono disponibili nella sezione dedicata al digitale). |
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