Appunti di tecnica fotografica
 

 

(4) Obiettivi


Dal foro stenopeico alla lente

La lente è l’unica soluzione ottica che consente di ottenere immagini nitide con tempi brevi di esposizione. Il passaggio dal foro stenopeico alle lenti avvenne nel XVI secolo. Il padroneggiare le leggi dell’ottica, e l’evoluzione delle lenti migliorò notevolmente la qualità delle immagini.

Le lenti si possono suddividere in due famiglie:
• Convergenti (convesse), concentrano i raggi luminosi formando l’immagine che viene proiettata sulla pellicola, e furono le prime ad essere utilizzate.
• Divergenti (concave), separano i raggi in tutte le direzioni e vengono utilizzate per correggere le aberrazioni (perdita di nitidezza e distorsione dell’immagine). L’introduzione delle lenti divergenti portò alla costruzione dei primi obiettivi, costituiti da lenti singole e gruppi di lenti indipendenti, incollate fra di loro con “balsamo del  Canada”, trattate con prodotti antiriflettenti e montate in un tubo metallico chiamato barilotto.

Il progetto, la fabbricazione delle lenti e il montaggio, sono operazioni di alta tecnologia, perfezionate e semplificate negli ultimi anni grazie a processi industriali computerizzati.


Mettere a fuoco

Centro ottico

Per centro ottico di una lente si intende, il punto sull’asse ottico principale (A.O.P.), passando per il quale, il raggio incidente non subisce deviazioni angolari. Il centro ottico di un obbiettivo coinciderà con il punto in cui si formerà l’immagine, che sarà proiettata sul piano focale.

Fuoco
I raggi provenienti da un punto (B), dopo aver attraversato la lente (o gruppo di lenti) andranno a convergere in un punto che sarà il fuoco di quel punto (B’). Il fuoco può coincidere anche con l’asse ottico principale, è il caso del punto (A') fuoco del punto (A) che si trova sull' A.O.P.
La distanza dal centro ottico al punto di fuoco (A’B’) dipenderà dalla distanza dell’oggetto (AB) dal centro ottico.
In fotografia, girando la ghiera di messa a fuoco, si genera una traslazione della lente o del gruppo di lenti in cui risiede il centro ottico, fino alla posizione in cui il fuoco andrà a coincidere con la superficie dove andremo a fissare l'immagine

Piano focale
Gli oggetti che si troveranno a grande distanza, (sole) faranno giungere i loro raggi, praticamente paralleli fra di loro. Quelli che si troveranno a grande distanza e anche sul prolungamento dell’Asse Ottico Principale creeranno il loro fuoco su di questo che perciò verrà definito fuoco principale (FP). Il piano perpendicolare all’A.O.P. e passante per quel punto, prenderà il nome di piano focale. Su di esso si formeranno altri fuochi secondari (FS), di oggetti posti sempre all’infinito e quindi aventi raggi paralleli fra loro, ma non all’A.O.P. 

Diaframma
 

Waterhouse; un sistema a lastre con fori calibrati di diametro diverso, da introdurre in una scanalatura esistente sulla montatura dell’obiettivo, fu ideato da John Waterhouse nel 1858.

A disco girevole; essenzialmente costituito da un disco con fori di diverso diametro che veniva fatto ruotare sul suo asse fino ad allineare una delle aperture col centro dell’obiettivo.

Ad iride; vengono così denominati i diaframmi di moderna concezione, per ricordare il funzionamento molto simile dell’iride dell’occhio umano. I più semplici sono costituiti da due sole lamelle, quelli più sofisticati, variano da 6 a 15 lamelle.
Un numero di lamelle superiore alle cinque/sei, montate da quasi tutti gli obbiettivi, pur conferendo al foro un aspetto piu' circolare non influenza in maniera apprezzabile la qualita' dell'immagine e costituisce il piu' delle volte solo un'inutile complicazione meccanica..
Posto generalmente tra le lenti dell’obbiettivo, viene utilizzato per regolare la quantità di luce che attraversa l’obiettivo oppure per parzializzare la superficie delle lenti in modo da attenuarne i difetti. Il valore del diaframma viene indicato con “f/ “ seguito da un numero che indica il rapporto tra la lunghezza focale e il diametro del foro.
 
Costituito da un anello metallico fisso, sul quale è imperniata una serie di lamine sottili, e da un anello mobile, collegato ad una ghiera su cui si va ad impostare il valore di apertura. Girando la ghiera, l’anello mobile agisce sui perni fissati alle lamine e le posiziona al valore corrispondente. Le lamine sono di ebanite o d’acciaio. L’ebanite si ottiene dal caucciù e offre il vantaggio di non arrugginire in luoghi umidi. Il meccanismo del diaframma è soggetto a grandi sforzi ma non ha necessita di alta precisione ed è difficilmente soggetto a guasti. La massima apertura che può raggiungere il diaframma, oltre la quale sarebbero troppo evidenti i difetti delle lenti, dipenderà dalle caratteristiche dell’obbiettivo, ossia dalla sua lunghezza focale, dalla qualità delle lenti utilizzate, e dal tipo di progetto da cui e nato.
Il valore “f/ ” di massima apertura è indicato sull’obiettivo, ai bordi della lente frontale.
Qui troviamo anche il numero che identifica la focale “F”, il diametro e il numero di matricola.
  
Il valore della lunghezza focale “F” è seguita dall’unità di misura (mm).
Il diametro espresso in millimetri e contraddistinto dal simbolo Ø.
Il diaframma può essere preceduto dal simbolo ”f/ “ (es. f/ 2,8), oppure può essere espresso come un rapporto (es. 1: 2,8).
Tornando alla massima apertura, bisogna dire che determinando la luminosità intrinseca dell’obbiettivo, è un valore importante di cui tenere conto all’atto dell’acquisto.
Un obbiettivo luminoso permette di guadagnare anche un’ora di luce senza dover ricorrere al treppiedi o a regolazioni di sensibilita' piu' elevate.
Dà la possibilità di ottenere tempi di scatto più veloci e permette di comprimere maggiormente la profondità di campo quando si rende necesario generare una sfocatura selettiva fra i vari piani dell'inquadratura.
La massima apertura del diaframma, può incidere molto sul prezzo di un obbiettivo ed è chiaro che bisogna trovare un compromesso fra caratteristiche tecniche e possibilità economiche (ricordiamoci che esiste anche il mercato dell’usato).
             
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