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Un
apparecchio fotografico a foro stenopeico
(cioè dotato di piccolo foro) è
lo strumento più semplice per ottenere
fotografie. Discende
direttamente dalla “Camera Obscura”
usata tra il XVI e il XVII secolo dai pittori
per rendere correttamente la prospettiva
nei dipinti. |
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La
luce riflessa da ogni punto dell'oggetto inquadrato
entra nella fotocamera attraverso il foro,
va a colpire il supporto sensibile alla luce,
formando una piccola macchia che rappresenta
quel punto dell’oggetto. L’insieme di queste macchie luminose, che si riuniscono e si sovrappongono marginalmente, formano l’immagine finale. Minore sarà il diametro del foro, minore saranno le dimensioni delle macchie, minore la sovrapposizione, e più nitida risulterà l’immagine finale (utilizzando fori di diametro troppo piccolo si generano fenomeni di diffrazione che peggiorano la qualita' dell'immagine). Il tempo di esposizione dipende dalla sensibilita' del supporto fotografico utilizzato e dal rapporto di diaframma. Quest'ultimo viene calcolato dividendo la lunghezza focale per il diametro del foro. Per esempio, avendo un diametro di 0,5mm e una lunghezza focale di 50mm, il rapporto di diaframma corrisponde a f/100. Con 100 ISO si sensibilita', un di rapporto di diaframma f/100, e supponendo di trovarci in pieno sole, il tempo di esposizione sara' di circa 1/4 di secondo. Se ci trovassimo in condizione di cielo nuvoloso, il tempo potrebbe facilmente diventare di 4 o piu' secondi. |
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Se
utilizzate una macchina digitale, disabilitate
l'autofocus e lasciate alla macchina il
compito di calcolare il tempo d'esposizione. La
difficoltà maggiore che si incontra
durante la costruzione di un simile apparecchio
risiede nel praticare il piccolo foro su
una sottile lamina di metallo o di plastica
rigida. Deve essere preciso e senza sbavature
o dentellature che porterebbero ad un abbassamento
della qualità delle immagini ottenute. |
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Il
foro si ottiene bucando con la punta di
un ago sottile, solo la punta non tutto
l'ago, la zona lavorata al centro della
lamina. |
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Non preoccupatevi troppo del fatto che la pellicola non resta perfettamente in piano, anzi dalle prove fatte, trovo che le deformazioni della pellicola contribuiscano a dare un tocco speciale alle immagini ottenute, che saranno' comunque interamente a fuoco, Come otturatore potremo usare una striscia di nastro isolante nero che andremo a posizionare davanti al foro (perde rapidamente il suo potere adesivo ma e' facile sostituirlo). Piu'
vicino al foro si trovera' il supporto sensibile,
piu' ampio sara' l'angolo di campo e maggiore
la luminosità. Dalle ricerche di John William Strutt (Lord Rayleigh) il calcolo della dimensione ottimale del foro, si basa sulla seguente formula: |
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Dove
d è il diametro del foro, f
è la lunghezza focale (distanza tra
il foro e piano del supporto sensibile alla
luce) e Lambda è la lunghezza
d'onda media della luce, pari a 550nm e corrispondente
al colore giallo-verde. Effettuando il calcolo per utilizzare un apparecchio con una lungheza focale di 30mm, ne risulta che: |
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Dovremo percio' costruire un foro stenopeico di 0,24mm. Personalmente
realizzo i fori delle mie apparecchiature
su lamina di ottone da 0,025mm (comunemente
detta carta di spagna). La
misurazione si puo' fare in vari modi: Continuo poi a lavorare con la carta abrasiva e a misurare il foro fino ad ottenere il diametro che desidero. A proposito delle dimensioni del foro, e per risparmiare a tutti il mal di testa, riporto una tabella gia' calcolata sulla formula di Reyleigh. |
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Come
si puo' notare il rapporto di diaframma
ottimale non e' costante ma varia notevolmente
in base alla lunghezza focale utilizzata,
e dalle
prove effettuate mi sembra che i valori
riportati in tabella diano dei buoni risultati.
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Altre
immagini ottenute con questa tecnica potete
trovarle nelle pagine "Galleria"
di questo sito |
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